Quadraro, il quartiere ribelle che è un nido di feste

Benvenuti nel libero Quadraro in festa. Dove i residenti si auto-organizzano, battono scherzosamente moneta e rafforzano il senso di comunità ♦

Bruschetta al pomodoro: un quadraro. Panino con salsiccia: due quadrari. L’orgoglio di quartiere passa pure per questo, il menu al banchetto, dove si batte scherzosamente moneta e i prezzi vengono esposti in una valuta locale di cartone. Siamo a Roma, nella cornice del Giardino dei ciliegi in via Filippo Re, dove domenica 12 giugno scorso si è svolta per il terzo anno consecutivo la festa organizzata dai residenti.
Parliamo naturalmente del Quadraro, borgata storica della capitale. Che non si tratti di un quartiere come un altro lo dice anche il nome scelto dagli abitanti per l’evento, Nido di feste: riecheggia l’appellativo sprezzante, nido di vespe, con cui gli occupanti tedeschi chiamavano il Quadraro vecchio, che nel 1944 fu teatro di un feroce rastrellamento nazista. Un evento fortemente presente nella memoria degli abitanti e che oggi dispone persino di un logo per non dimenticare, Q44.
Ma è significativo anche il luogo dove la festa si svolge: un minuscolo terreno strappato vent’anni fa al degrado in cui versava, bonificato dall’azione spontanea di un gruppo di cittadini e attrezzato grazie al sostegno del Municipio. Gli abitanti del Quadraro vecchio sentono fortemente questo spazio come cosa loro: “Ce lo siamo dovuto conquistare”, dicono appena cominci a parlarne, ricordando che la Guardia di finanza insediata nell’ex sanatorio di via Ramazzini, confinante con il il giardino, avrebbe preferito acquisirlo per sé e sottrarlo in questo modo all’uso pubblico.
Benvenuti dunque nel libero Quadraro in festa. Gli amministratori pubblici, gli sponsor o i commercianti non c’entrano: tutto è auto-organizzato dagli abitanti della zona, e si vede: dai cartelli scritti a mano, allo “spazio yoga”, allo svuotacantine, libri e piante, giochi per bambini, concerti, fino alla riffa conclusiva. L’importante è stare assieme e “fare comunità”, come si dice.
Vedi allora che un’associazione locale ha allestito sul muro di cinta una mini parete attrezzata con prese da arrampicata, destinata ai piccoli climbers.
Ma la festa è stata anche il teatro della prima esibizione pubblica del coro di quartiere, il Quadracoro, nato lo scorso ottobre e diretto dal musicista Francesco Giannelli – anche lui un residente doc.
Ci sono poche zone di Roma per le quali ha ancora senso parlare di “quartiere a misura d’uomo”. Una di queste è certamente il Quadraro vecchio, spicchio di città miracolosamente sottratto al caos e all’omologazione delle periferie circostanti. Sarà per quella sua vocazione autosufficiente e ribelle, in cui si mescola l’identità storica della borgata romana con nuove identità portate dall’immigrazione e dall’antagonismo sociale che qui trova un’ambientazione consona e terreno fertile.
Il risultato è che nel borgo storico del Quadraro si vive, dicono in molti, un po’ come in un paese. Non è un luogo comune, basta fare una passeggiata per accorgersene, tra le casette basse, qualcuna ancora diroccata, dove gli anziani hanno sempre tenuto l’orto e le galline, e i giovani ora organizzano gli orti urbani.
Un articolo apparso molti anni fa su La Repubblica, era il 2003, nel raccontare questa zona di Roma titolava “Il Quadraro coltiva un sogno: diventare una seconda Trastevere”. Possiamo dire che finora così non è stato. La movida che negli anni ha stravolto nell’ordine Campo de’ Fiori, Trastevere, Testaccio, San Lorenzo e Pigneto qui non è arrivata.
E non è detto che il Quadraro vorrà omologarsi ad altre zone storiche della Capitale. C’è stata, è vero, una “riscoperta” recente del Quadraro vecchio, che ha prodotto un avvio di recupero edilizio, l’apertura di qualche locale e soprattutto il progetto di Museo di Urban Art di Roma (MURo) che ha attratto diversi nomi della street art ad ambientare variopinti murales nei vari angoli del quartiere.
Ma è pur vero che una mano ribelle ne ha già imbrattati alcuni con lo spray. Con una rivendicazione: “Questo è il nostro quartiere, non il vostro museo”.