Divagazioni attorno a un vocabolo fuori dall’ordinario

Contrattempi sono momenti sottratti al tempo ordinario, densi di effetti e significati nuovi. Ad essi è dedicato questo straordinario spazio web ♦

Si pronuncia con qualche inciampo (tutte quelle T!); per questo forse non è così semplice da ricordare. Si usa solitamente per giustificarsi di un ritardo o di un rinvio – “Sai, ho avuto un contrattempo” – senza perciò dover dire all’interlocutore più del necessario. Per il resto, sta confinato in un bagaglio di termini aridi o desueti assieme a mucchi di alternative forse più a portata di mano: imprevisto, inconveniente, impedimento, intoppo. È per quel suo suono un po’ antipatico, quell’idea di bollare gli eventi come fossero ostacoli frapposti sulla via della puntualità e dell’efficienza, che ci vede tutti in corsa ansiosa per tenerci al passo con gli impegni prestabiliti.
uomo-che-leggeAndando invece a curiosare nei vocabolari, molti dei quali ormai consultabili in rete, il lemma “contrattempi” svela un volto diverso, insolito e certo più attraente. È contrattempo, in un’accezione meno comune, il ritaglio di tempo tra due altre occupazioni, che apre un insperato spazio di libertà per chi vi si imbatte; e qui il pensiero corre a quel “tempo rubato al dovere di vivere”, per dirla con un’abusata frase di Pennac, che sa offrire le sole occasioni propizie per leggere, per scrivere, per amare.
Spostandosi poi in campo musicale il contrattempo si propone come variante di “controtempo”, l’effetto ritmico dato dall’inserimento di una pausa sul tempo forte e della nota su quello debole. E prorompe in irresistibili ritmi musicali che invitano al ballo e al canto.

C'era una volta un merlo canterino (1973) del regista georgiano Otar Iosseliani. Scandito dagli orologi, il film racconta la storia di Ghia, svagato musicista che non sa stare al passo con gli orari e con gli impegni.
C’era una volta un merlo canterino (1973) del regista georgiano Otar Iosseliani. Disseminato di orologi, il film racconta la storia di Ghia, svagato musicista che non sa stare al passo con gli orari e con gli impegni.

Infine, e bisogna correre un bel po’ indietro nel tempo, nel 1907 il Vocabolario etimologico della lingua italiana del Pianigiani alla voce contrattempo chiosava in questo modo: “È anche termine del ballo, della scherma, del giuoco della palla e vale Tempo contrario o differente dal tempo ordinario”. Tempo fuori dall’ordinario, tempo straordinario.
Così ora la parola suona un po’ diversa e pure ciò che ispira.
Contrattempi si intromettono in disegni prefissati per modificarne l’andamento con esiti imprevedibili ma non sempre negativi. Sliding doors, per dirla con una fortunata commedia cinematografica di diversi anni fa che banalizzava proprio questo tema. Contrattempi sono anche tempo sottratto alla routine e perciò denso di effetti e significati nuovi. Sono eventi della vita, che accadono, che sorprendono, che cambiano le persone, le mettono alla prova, chiudono alcune strade mentre ne aprono altre, offrono spazio all’espressione di sé.
È perciò che ai contrattempi si è scelto di intitolare questo spazio, atto ad accogliere soggettive di piccoli e grandi contrattempi del presente.

1 commento

  1. Mi sembra molto interessante questa disquisizione sulla parola “contrattempo”. Inutile dire che tra le varie accezioni possibili quella che mi piace di più è “tempo fuori dall’ordinario”, tempo sottratto alla routine. Ma non mi dispiace neanche quella di un qualcosa che si frappone a un progetto prefissato aprendo la strada a esiti imprevedibili.
    E allora diamo spazio ai contrattempi!!!!!
    Letizia Piredda

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